sabato 19 dicembre 2009

INVERNO


(Bologna, 18 dicembre 2009, nevicata di Natale)


"... Anche la luce sembra morire
nell'ombra incerta di un divenire
dove anche l'alba diventa sera
e i volti sembrano teschi di cera.

Ma tu che vai, ma tu rimani
anche la neve morirà domani
l'amore ancora ci passerà vicino
nella stagione del biancospino
..."

sabato 5 dicembre 2009

CELLI, IL RANCIDO E LA VOGLIA DI SCAPPARE

Qualche giorno fa il direttore generale della Luiss (l'Università di Confindustria) ha scritto una lettera a Repubblica indirizzata al figlio neolaureando. Parlava di meritocrazia, di un Paese (il nostro, il suo) dove non c'è spazio per chi vale, per i giovani, per quelli che hanno idee, voglia di fare, creatività. Un Paese dove chi è al timone (lui sì, noi no) non è riuscito a garantire a quegli stessi ragazzi un impiego lavorativo (e uno stipendio) degno di un qualsiasi portaborse, tronista, velina, vincitore di X-Factor. "Quindi figlio mio, meglio scppar via dall'Italia" ha scritto. Le parole di Celli hanno scatenato una reazione a catena, soprattutto sul web. Parole di stima, altre di sdegno. Tutte, o quasi, appartenevano a chi dall'Italia è scappato e magari non c'è mai più tornato. Qui sotto ci sono quelle di un architetto, un ragazzo, un amico. Uno che è andato via, ma poi alla fine torna sempre. Forse uno qualunque, come tanti, ma che ha vissuto sulla propria pelle ciò che il buon Celli si limita solo a filosofeggiare. Buona lettura. E grazie Raffaele.

"Carissima mamma e zia Mariorita Dopo la lettera di Celli, la risposta di Benedetta Tobagi, Napolitano, ed altri mi è venuta voglia di riprendere uno sfogo iniziato l’anno scorso e mai portato a termine. Appartengo alla generazione Erasmus, ho conosciuto l’Europa attraverso i viaggi inter-rail e con l’erasmus, ho scoperto di vivere bene in questo continente Dopo aver passato un anno in Spagna a studiare, sono tornato in Italia mi sono laureato e alla prima occasione utile ho deciso di andare all’estero a vivere e lavorare.

Ho trascorso gli ultimi 3 anni tra la Spagna e l’Olanda e l’Italia.
Nei giorni d’entusiasmo, d’allegria e spensieratezza mi vedo come un lavoratore-professionista, moderno, flessibile, in grado di portare le mie capacità a spasso per l’Europa e assorbire il meglio dal continente. Perché in fin dei conti questo Europa unita mi piace. Mi ritrovo nei suoi valori condivisi, nella sua cultura latina e mitteleuropea, nelle garanzie sociali che il vecchio continente assicura ai suoi cittadini. Al contrario, nei tristi giorni di solitudine e nostalgia, mi considero un semplice emigrante. Eh si, perché d’emigrazione si tratta. Basta con la menata dei “cervelli in fuga”. Quelli saranno al massimo alcune centinaia di cervelloni che insegnano ad Harward, operano nei migliori centri ospedalieri del pianeta o sono sul punto di trovare la soluzione alla massa mancante dell’universo. Gente seria e competente. Io invece appartengo alle centinaia di migliaia di emigranti con o senza laurea. Nuovi emigranti che si muovono per una semplice ragione: migliori condizioni di vita e di lavoro.

Eppure qualche mese fa tornai a Napoli. Su segnalazione di un amico di un amico Il mio curriculum era finito sul tavolo di uno dei principali studi d’architettura d’Italia e del sud. Studio serio, rispettato e dal respiro internazionale. Mi chiamarono a fare un colloquio. Mentre aspettavo di essere ricevuto osservavo i fichissimi progetti appesi alle pareti. Ero stupito dai quei 40 computer tutti nuovi e allineati in file da 4. E poi guardavo fuori dalle finestre. Era mattino presto e l’appartamento in prima fila a mergellina sembrava contenere il golfo di Napoli tutto intero. Per qualche minuto mi sono immaginato lì tutte le mattine a lavorare e distrarmi osservando le infinite striature che il golfo sa assumere durante l’anno . Osservare castel dell’ovo, verificare la presenza o l’assenza di Capri rispetto alla marea e alla foschia.
Pensai a come sarebbe stato tornare a vivere in quella città così meridionale che mi ha conquistato negli anni dell’università.

Pensai a me che avevo scelto consapevolmente di rimanere a studiare al sud mentre i migliori amici di scuola sceglievano Roma, Bologna, Firenze… in un senso di appartenenza al meridione che nemmeno io immaginavo di possedere
Feci il colloquio, parlai delle mie esperienze lavorative, delle mie attitudini, delle mie capacità di relazione, delle mie ambizioni. Volevano che partecipassi alla redazione di un progetto per la costruzione di una base militare. Mica pizza e fichi! Un’intera base militare da progettare e costruire. Poi mi fecero l’offerta: 600 euro lorde al mese per 40 ore settimanali (senza contare le ore extra non retribuite dovute a nottate pre-consegna, eventuali concorsi a cui partecipare…ecc.). Feci un rapido conto: 3,33euro lordi l’ora. Avrei dovuto rinunciare per un altro po’ alla voglia di andare a vivere da solo, avrei dovuto chiedere un po’ di soldi a casa per comprare uno scooter per andare a lavoro… Tentai di trattare sul prezzo sulla base del mio curriculum.

Mi risposero che non potevano trattarmi diversamente perché non mi conoscevano: all’università non ero stato né uno studente dell’ architetto capo dello studio(docente all’Università) e né mi ero laureato con lui. Sul mio curriculum c’erano 5 lusinghieri anni di esperienza lavorative ma potevo anche aver scritto di essere l’autore dei giardini pensili di babilonia, che non sarebbe servito a nulla. Non avevo fatto nessun esame con il Capo e l’offerta era di 3,33 euro lorde l’ora.
Rifiutai, salutai cortesemente e lasciai lo studio. Per le scale mi assalì una rabbia profonda, ma allo stesso tempo mi sentivo più leggero e soddisfatto di me stesso per aver detto no ad uno dei più blasonati ed ambiti studi del meridione. Mi feci tutto il lungomare a piedi. Pensai a quella ragazza che avevo incontrato per le scale. Avevamo fatto l’università insieme e lei aveva appena iniziato a lavorare in quello studio alle stesse condizioni: provai pena per lei.

E poi pensai alla mia avventura spagnola. Ero arrivato a Barcellona per fare uno stage di 400 ore. A conclusione mi presentai dal direttore dell’azienda e gli chiesi se avessero bisogno di me. Mi rispose che si era informato su di me e che aveva ricevuto da tutti i miei collaboratori degli ottimi giudizi sul mio conto; sì, c’era posto per me in azienda. Avrei lavorato per il primo anno con un contratto di 1200 euro lordi al mese per 30 ore settimanali. E poi avrei arrotondato lo stipendio collaborando il pomeriggio nello studio di un privato. In totale facevano 11 euro lorde l’ora e non avevo nessuna esperienza di lavoro! Qualche mese dopo cominciai a far girare di nuovo il mio Cv e a mettere annunci su internet. Qualche settimana dopo mi chiamarono: uno studio privato aveva visto il mio annuncio, letto il mio CV e mi offriva condizioni più vantaggiose ( non solo economiche) per lavorare con loro. Era la seconda volta in un anno che il mio merito veniva premiato. Ero in un paese dove non conoscevo nessuno, dove non si parlava neppure la mia lingua, però si fidavano di me e investivano sulle mie capacità. GUAU!

Ho continuato a camminare per Via Caracciolo, ogni tanto alzavo la testa, guardavo il golfo e mi si stringeva il cuore.
Ora però non si emigra solo perché ci pagano di più all’estero, tanto più che quei risparmi li investiamo per comprare biglietti aerei per tornare a casa a natale e ad ogni buona occasione. Le ragioni sono molto più profonde e ahimè radicate. È difficile da spiegarsi e credo che molti di coloro che hanno fatto la mia scelta trovino difficoltà a spiegare perché stanno all’estero. L’Italia manca di visione di Futuro. In questo girovagare per nazioni “vicine” per cultura e condizioni, ho sempre trovato un progetto di futuro.

Ho conosciuto colleghi che hanno acceso mutui per comprare casa a 25 anni: lavorano a 22 anni e a 25 pensano che sia arrivato il tempo di mettere su famiglia o vivere da soli. Ho incontrato giovani coppie che in 5 mesi si sono viste assegnare e consegnare una casa di proprietà pubblica con affitto bloccato a 20 anni. Perché in Olanda le case popolari non sono solo per le famiglie più svantaggiate disgraziate: a seconda del reddito si partecipa a gare diverse per lotti di case diverse.

Trovo sciocco fare l’elenco delle cose che funzionano meglio o peggio.
Ma sono stato in Spagna e ho le valigie pronte a tornarci perché nonostante l’arretratezza economica e forse anche culturale, per le strade si respira “fresco” mentre l’odore dell’Italia è rancido e stantio. Ma oggi,i nonostante tutto, è un giorno sereno e di entusiasmo e mi va di dire che non sono un emigrante ma vivo in Europa evitando di stare nel posto più statico del continente".