martedì 20 dicembre 2011

IL DIRIGENTE SU MISURA

Dirigente comunale, con tanto di stipendio a quattro zeri, ma senza avere una laurea e con un diploma fortemente a rischio. Marco Lombardelli, 37 anni, da ieri pomeriggio non è più il 'responsabile del Gabinetto' del sindaco di Bologna. L'ormai ex braccio destro di Virginio Merola ha deciso di tirare i remi in barca dopo la bufera mediatica scatenata dall'ex assessore della giunta Cofferati, Antonio Amorosi, che aveva reso pubblico il suo singolare status all'interno della macchina comunale bolognese: capo di Gabinetto del sindaco, con stipendio e qualifica da dirigente, ma senza un titolo di studio adeguato così come prevede la legge. Un'anomalia che ha fatto gridare allo scandalo le opposizioni che, scoperta la magagna, avevano già annunciato il ricorso d'urgenza alla Corte dei Conti. Ma prima che la situazione precipitasse, Lombardelli ha deciso di mollare, motivando la sua scelta con l'ormai perduta serenità nel suo lavoro quotidiano e con la salvaguardia della giunta guidata da Merola.

L'ADDIO. “Le notizie di questi giorni riguardo il mio ruolo all'interno dell'amministrazione comunale hanno segnato irreparabilmente la serenità per svolgere al meglio un compito delicato come quello di Responsabile di Gabinetto del sindaco – ha scritto ieri Lombardelli in una nota inviata alla stampa – Ho sufficiente senso di responsabilità per agire evitando che situazioni come questa possano essere strumentalizzate a recare danno al sindaco e alla giunta che stanno lavorando intensamente per il bene di Bologna”. Un addio che quasi certamente non basterà però a mettere al riparo la giunta di centrosinistra e che adesso dovrà spiegare una situazione quantomeno singolare. E cioè come sia stato possibile affidare un ruolo fiduciario così importante senza verificare, al momento della stesura del contratto di incarico, che esistessero i requisiti di legge, ovvero la laurea.

IL VESTITO SU MISURA. A portare alla ribalta il curioso caso di Marco Lombardelli è stato qualche giorno fa l'ex assessore alla casa di Sergio Cofferati, Antonio Amorosi. Svestiti i panni politici, Amorosi da qualche mese si è messo a fare le pulci alla giunta Merola sul sito Affaritaliani.it e dopo aver sollevato più di un dubbio sui concorsi per alti dirigenti del Comune, ha deciso di prendere di mira il ruolo di Lombardelli. Trentasette anni, sposato e con una figlia, l'ex funzionario di partito del Pd (uomo legatissimo all'ex segretario regionale e adesso europarlamentare Pd, Salvatore Caronna) da giugno di quest'anno è il “responsabile del Gabinetto del sindaco” con uno stipendio di 68.500 euro lordi l'anno e un livello D nell'organigramma di dipendente comunale. Un incarico – sussurrano i maligni – cucito su misura dai tecnici comunali proprio addosso a Lombardelli per la mancanza degli idonei titoli di studio: le sue funzioni, almeno formalmente, differiscono da quelle storiche riservate al 'capo di Gabinetto'. Lombardelli, infatti, a differenza dei suoi predecessori a Palazzo d'Accursio è stato 'svuotato' di ogni potere su ufficio stampa e relazioni internazionali, settori di competenza storica del capo di Gabinetto ma che il sindaco Merola decise di scorporare, legittimando così la creazione della nuova figura di 'responsabile'.

SENZA LAUREA. D'altronde se il curriculum politico di Lombardelli è a cinque stelle (inizi nella Sinistra Giovanile, consigliere comunale nei Ds e incarichi dirigenziali nel Pd regionale) quello didattico lascia un po' a desiderare: niente laurea e (come si può leggere sul sito del Comune) un non meglio precisato diploma. Peccato però che per accedere al livello 'D' (e alla relativa retribuzione) la legge stabilisca che tra i requisiti fondamentali ci sia proprio il conseguimento di una laurea. Ma non è finita: il diploma posseduto da Lombardelli in realtà è una “licenza di abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria della professione sanitaria di ottico” che fino all'entrata in vigore della riforma del 1992 non si conseguiva con un corso di studi di 5 anni. Particolare che ha fatto gridare di nuovo allo scandalo l'ex assessore Amorosi convinto che il capo di Gabinetto del sindaco Merola come titolo di studio più alto “avesse solo la terza media”. Sulla vicenda oggi nel corso del Consiglio comunale la giunta cercherà di far chiarezza, mentre il sindaco Merola (che in un primo momento aveva difeso a spada tratta Lombardelli sostenendo che non esistesse nessuna irregolarità) ieri lo ha ringraziato pubblicamente per il lavoro svolto fino a questo momento, riconoscendogli “il suo particolare impegno e dedizione verso la città”.

COSI' FAN TUTTI. Quello di Lombardelli però non è un caso isolato. Altri dirigenti, a Bologna come in molti altri comuni d'Italia, ricoprono incarichi e incassano stipendi a quattro zeri senza necessariamente avere tutti i requisiti richiesti dalla legge. L'escamotage più utilizzato è quello delle nomine attraverso il meccanismo dello 'staff politico', particolare che permette di far guadagnare stipendi da dirigenti laureati anche a chi non ha mai messo un piede in un'aula universitaria. In pratica il Testo Unico sugli Enti Locali del 2000 stabilisce all'articolo 90 “la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge”: di fatto uno strumento per piazzare uomini di fiducia in posti chiave della macchina comunale, riservando loro un trattamento economico diverso da quello degli altri dipendenti comunali. A patto però – vuole la logica politica - che il trattamento economico sia più o meno proporzionato ai livelli di inquadramento. Limite che non sarebbe stato nemmeno rispettato sul caso Lombardelli se si pensa che lo stipendio medio di un alto dirigente comunale a Bologna attualmente si aggira attorno ai 59mila euro lordi all'anno mentre quello riconosciuto al responsabile del gabinetto del sindaco era di 68.500, il tutto senza laurea. Particolare che ha fatto storcere il naso a più di un colletto bianco a Palazzo d'Accursio.

Pubblicato su Lettera43

mercoledì 14 dicembre 2011

LA METAMORFOSI DEL GRILLO

Per non essere un partito ne sono successe davvero di tutti i colori. Forse Beppe Grillo un po' se lo aspettava, ma le sue 5 Stelle - il movimento di liste civiche presenti in molti consigli comunali e regionali sparsi in tutta Italia – ormai sono entrate a far parte legittimamente del sistema politico italiano, con tutto ciò che ne consegue, sia nel bene che nel male. Litigi, lotte per le poltrone, nascita di correnti interne e critiche dalla base sembrano aver contagiato anche le costellazione di liste civiche nate dal nulla e cresciute sul web sotto l'ala protettrice dell'ex comico genovese. Un particolare tutto sommato irrilevante se si guarda alle altre forze politiche italiane ma che forse diventa fondamentale per chi, tra i dogmi da rispettare, aveva proprio quello di non scivolare nella palude partitica.

I NUMERI. Che il Movimento 5 Stelle sia una realtà con cui tutti, prima o poi, dovranno confrontarsi lo dicono i numeri. Nel giro di tre anni le liste civiche, soprattutto grazie alla rete, hanno messo radici profonde sul territorio. Nel 2008 era stato eletto un solo consigliere comunale del Movimento in tutta Italia, a Treviso. Un anno dopo erano diventati 50. Oggi i 'grillini' siedono nelle assemblee cittadine (tra le tante) di Bologna, Torino, Trieste, Rimini e Savona. Alle Regionali del 2010 hanno raccolto la bellezza di 100mila voti e conquistato due seggi in Piemonte e altrettanti in Emilia Romagna. Per non parlare del recente exploit alle urne in Molise che ha provocato più di un mal di pancia al Pd di Bersani. Vittorie frutto del modo 'nuovo' di far politica, degli slogan anti-casta e della volontà di coinvolgimento diretto dei cittadini alle scelte più importanti per la comunità: dalla gestione di acqua e rifiuti, ai piani urbanistici, passando per mobilità sostenibile e stipendi dei dirigenti. Il tutto attraverso il meccanismo dei Meetup, forum e blog sparsi sul web ma anche riunioni e dibattiti old style.

LE PATATE BOLLENTI. Ma non ci sono solo successi nella storia del Movimento a 5 Stelle. Quella recente parla di un alto tasso di litigiosità all'interno delle liste civiche, forse anche dovuto (ed era questo uno dei pilastri fondanti del Movimento) all'assenza di regole certe per la partecipazione alle vita politica dei militanti, o come si amano definire, “libera associazione di cittadini”. La prima patata bollente fu quella che piombò sul movimento subito dopo il primo grande exploit alle urne: quello alle elezioni regionali nel 2010 con la conquista di due seggi in Emilia Romagna. Visto che il capolista Giovanni Favia risultò eletto sia nella circoscrizione di Bologna che in quella di Modena, si doveva fare una scelta su quale seggio liberare e così dare via libera a un altro 'grillino' da portare in Regione. Il Movimento però non scelse di premiare il secondo candidato più votato tra le due province (che sarebbe stata la modenese Sandra Poppi con 717 preferenze), ma convocò delle 'secondarie' per chiedere a 40 delegati provinciali di effettuare l'importante scelta. E alla fine a spuntarla fu il bolognese Andrea De Fransceschi nonostante le sole 367 preferenze raccolte alle urne. Una decisione che mandò su tutte le furie il consigliere comunale dei 'grillini' a Modena, Vittorio Ballestrazzi, che dopo un tam tam continuo su giornali, internet e in diverse tv locali ricevette una 'scomunica' direttamente da Beppe Grillo che gli ordinò di mollare il simbolo del partito.

LE POLTRONE DI ANCONA. Ma Modena non fu un caso isolato. Poco dopo toccò ad Ancona dove Renato Gallegati, candidato a sindaco nel 2009 per il Movimento, un anno dopo la sua elezione a consigliere comunale decise di abbandonare i grillini. Motivo? La decisione di Andrea Quattrini, al quale aveva ceduto il posto di consigliere comunale in un'ottica di alternanza decisa dal Movimento prima delle elezioni, di non schiodarsi più dal suo scranno di consigliere. Con il risultato che oggi nel capoluogo della Marche ci sono tre siti web che fanno riferimento ai grillini ma tutti da una posizione diversa: il forum Meetup (vicino si dice all'Idv), la Lista a 5 Stelle (dell'ex Gallegati) e il gruppo consiliare di Quattrini (unico riconosciuto da Grillo).

LA GUERRA IN PIEMONTE. Ma il caso più eclatante però resta quello in Piemonte dove alla già difficile e travagliata scelta del candidato a sindaco della città della Mole (poi caduta sul 36enne Vittorio Bertola e mal digerita da una parte del movimento, soprattutto quelli che fanno riferimento ai forum Meetup) si è aggiunta la spaccatura, forse insanabile, tra la delegazione dei grillini in Regione e quella che siede in Comune a Torino. Protagonisti dello scontro il consigliere regionale Davide Bono e proprio Bertola, accusato di aver detto sì a un incarico 'dirigenziale' a livello nazionale proposto direttamente da Beppe Grillo. Insomma una nomina piovuta dall'alto e senza un controllo diretto della base, peculiarità di quel sistema che proprio le 5 Stelle dicevano di voler combattere. Accuse che Bertola ha sempre rimandato al mittente, annunciando a più riprese le sue dimissioni, che almeno fino ad oggi però non sono mai state attuate.

L'OMBRA DEL PARTITO. Ma a scatenare parecchi malumori all'interno del Movimento è stata la scelta, operata direttamente da Grillo e dal suo guru della comunicazione Gianroberto Casaleggio, di affidare a quattro persone la progettazione e realizzazione di una 'sovrastruttura' per il coordinamento delle liste civice a 5 Stelle sparse in giro per l'Italia. Una scelta operata non attraverso il web e la rete, come magari qualcuno si poteva aspettare, ma durante una riunione di tutti gli eletti a Milano lo scorso 18 giugno. Summit sconosciuto a gran parte del movimento. Alla fine la scelta della premiata ditta Grillo&Casaleggio piombò su quelli che furono ribattezzati i 'Magnifici 4': Matteo Olivieri (Reggio Emilia) a cui venne affidato di coordinare i progetti delle varie liste, Davide Borrelli (Treviso) che si occuperà della presentazione delle liste, Vito Crini (Brescia) per i programmi e il torinese Vittorio Bertola per lo sviluppo della piattaforma internet, essendo lui un informatico. Incarichi che hanno fatto storcere il naso a molti (i carteggi sui forum tra i diretti interessati sono spesso senza peli sulla lingua) sia nella forma che nella sostanza. Anche perché c'è chi ha visto nella formazione di un coordinamento nazionale tra le liste a 5 Stelle, tra le frettolose smentite, la preparazione per la discesa in campo del Movimento alle prossime elezioni politiche e quindi la creazione di una sovrastruttura che tanto somiglia a quella di un partito vero e proprio. Che per chi ha sempre detto di non volerlo diventare diventa un problema non da poco. Forse è proprio vero: il potere logora chi non ce l'ha.

Pubblicato su Lettera43.it