mercoledì 16 novembre 2011

UN COMMISSARIO PER IL VIMINALE

A Bologna l'avevano soprannominata «nonna lupo». Perché durante i suoi 15 mesi di governo da commissario prefettizio della città si era fatta sì amare per i suoi modi gentili e il suo aspetto rassicurante, quasi familiare, ma quando c'era stato da affrontare le spine del bilancio aveva tirato fuori le unghie sbattendo sul tavolo una ricetta lacrime e sangue con aumento delle rette degli asili, taglio degli stipendi dei dirigenti comunali e stangata su multe e parcheggi.

Anna Maria Cancellieri, il nuovo ministro dell'Interno, (la seconda a salire al Viminale dopo Rosa Russo Iervolino nel 1996) sembra avere nel Dna la «politica dei sacrifici» dettata dal premier Mario Monti. Sessantasette anni, romana, ha iniziato a frequentare gli ambienti che contano da giovanissima: dopo un'esperienza a 19 anni alla presidenza del Consiglio, nel '72 iniziò la sua carriera al ministero dell'Interno per poi, nel 1993, diventare prefetto. Da quel momento una lunga serie di incarichi in giro per l'Italia: da Parma a Catania, passando per Bergamo e Genova, Cancellieri ha vestito i panni della 'risanatrice', gestendo transizioni e vuoti politici. Il più importante - prima della recente nomina a commissario di Parma dopo l'addio forzato del sindaco Vignali - quello di Bologna dove la lady di ferro arrivò nel febbraio del 2010 con l'incarico di traghettare la città emiliana, travolta dallo scandalo di Flavio Delbono e dei suoi viaggi con l'ex fidanzata Cinzia Cracchi a spese della Regione, verso nuove elezioni.

Arrivata tra lo scetticismo generale (qualcuno la etichettò addirittura come «spia leghista» del ministro Maroni nella rossa Bologna) Cancellieri riuscì a conquistare la fiducia di una parte della città che, esaurito il suo mandato da commissario, tentò di trattenerla proponendole la candidatura a sindaco. Lei tentennò, si stupì di tanto amore (il movimento che la voleva a Palazzo d'Accursio tappezzò la città con 300 manifesti per convincerla a cedere alle avance) ma alla fine respinse la proposta indecente, facendo tirare un sospiro di sollievo a Pd e Pdl terrorizzati all'idea di doversi confrontare con un altro candidato civico dopo la fine dell'era Guazzaloca.

Ma nei suoi 15 mesi di governo sotto le Due Torri, il commissario (fan sfegatata dei gialli di Carlo Lucarelli, guarda caso emiliano-romagnolo) non ha raccolto solo elogi. Sindacati e rappresentanze sindacali di base l'hanno duramente criticata per i suoi tagli al welfare, l'introduzione di una retta d'iscrizione per la scuola dell'infanzia, gli aumenti dei ticket di sosta e della tariffa dei rifiuti. «Da qualche parte dovevamo pur prenderli questi soldi», disse lei, inaffondabile, presentando il bilancio da 532 milioni. «Dovevamo tagliare e per farlo abbiamo scontentato tutti, nessuno escluso». Anche sul fronte sicurezza la commissaria tentò di riportare l'ordine in una città sporca e occupata dal degrado portando avanti una personalissima battaglia contro i graffiti che monopolizzavano case e negozi del centro storico. Guerra che riuscì a vincere solo in parte visto che dei quasi 20 mila edifici rovinati dei graffiti la sua task force (l'aveva chiamata 'Pandora') ne riuscì a ripulire solo 400, denunciando 32 writer. Chissà se adesso, dal Viminale, riuscirà a cancellarne qualcuno in più.

Pubblicato su Lettera43

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